Principio etico della vita
Le Upanishad enfatizzano la purezza del carattere come base per una vita elevata e per l’autorealizzazione. Il Samkhya menziona la triplice miseria del mondo e spiega i mezzi finali per liberarsene che sono: il distacco, la comprensione e la discriminazione. Lo Yoga menziona i Pancaklestha, le cinque fonti di condizionamento e quindi di sofferenza e identifica in Yama e Niyama i passi preliminari per iniziare il progresso spirituale.
La scuola di Shankara parla di quattro qualità necessarie ad un aspirante spiritualista e cioè: assenza di attaccamento, discriminazione, disciplina spirituale, desiderio di conseguire la liberazione dai condizionamenti dell’esistenza incarnata. I principi etici sono pressoché identici in ogni scuola filosofica: una vita pura, fondata sull’etica è alla base del progresso spirituale. Nella prospettiva tradizionale la nozione di etica e i concetti di bene e di male non vengono interpretati in un’ottica moralistica ma in virtù di considerazioni ben più vaste. Secondo il pensiero antico indiano, l’ordine che vige nell’Universo, regolato da precise leggi fisiche deducibili dall’osservazione e dallo studio dei vari fenomeni naturali, è riscontrabile non solo dall’esterno, negli elementi della natura, ma anche all’interno di ogni essere incarnato, nella mente e nella coscienza individuale. Esistono dunque non solo leggi fisiche ma anche quelle che potremmo definire leggi “etiche o morali” che regolano l’universo interiore, il microcosmo, esse sono generalmente indicate con il termine dharma “dovere, giustizia, legge, virtù” o anche svadharma “dovere specifico di ciascun individuo a seconda della sua posizione nella società, delle sue qualità e delle sue tendenze”. Sia le leggi fisiche che quelle etiche sono espressione di un unico ordine universale d’origine divina, definito ritman “legge, ordine fissato, verità”. Quando l’essere infrange le leggi dell’etica, rompe quell’armonia, quell’ordine che prima esisteva in lui stesso, nei suoi rapporti con gli altri, con l’ambiente circostante e con la Coscienza cosmica, che è appunto l’origine stessa dell’etica, ritenuta perciò un quid di natura spirituale. Secondo il pensiero tradizionale, la rottura dell’armonia comporta il manifestarsi di una condizione “innaturale” e patologica, contraria alla posizione ontologica originaria dell’essere, il quale cade progressivamente vittima di conflittualità sia interiore che esteriore, squilibri, smarrimenti, afflizioni, malattie sia psichiche che fisiche. In questo contesto potremmo definire l’etica come “scienza del corretto agire”, ad indicare il comportamento necessario al ripristino della smarrita armonia e alla reintegrazione dell’essere su tutti i piani antropologici.